Il tempo inesorabile che volge a Mezzogiorno
Fabio FalabellaLa spirale dello scorrere incessante e frenetico del tempo sociale e mediatico configura oggi, nel mondo globalizzato, pur se in modi e con caratteristiche parzialmente differenti a seconda dello spazio di riferimento e, dunque, della posizione geografica prescelta, un modello di informazione e comunicazione progressivamente e forse inesorabilmente orientato ad un paradigma vorticoso ed estenuante di produzione e fruizione delle notizie, derubricate a merce da consumo immediato, che ha come fine esclusivo la messa a valore attraverso la raccolta pubblicitaria, come effetti collaterali lo sfruttamento dei giornalisti e la distorsione strumentale da fake news ad uso politico e come unico approdo possibile la fagocitazione delle stesse da parte di una platea di lettori o followers confusi, anestetizzati, bulimici e quasi assuefatti.
Se è vero come è vero che il medium è messaggio, postulato dottrinario arricchito ed esponenzialmente moltiplicato nell’era del digitale, in questo scenario, il packaging, ovvero il confezionamento di come si informa o disinforma pare essere talvolta più importante e significativo di ciò che si comunica, in un cortocircuito di affermazioni false, vere o presunte tali in cui l’accreditamento della fonte conta sempre meno, tutto vale, nell’ottica dell’uno uguale all’altro, e la smentita istantanea di quanto sostenuto un secondo prima riscuote lo stesso credito e beneficia della medesima credibilità della proposizione originaria cancellata con un click.
Processo complesso e composito, di certo non unilineare e fatte salve debite ed illustri eccezioni, che ha come corollario la perdita di credibilità degli operatori del settore e come esito ancora più preoccupante il non senso generato da un appiattimento al ribasso da comunicato stampa, dall’inseguimento pervicace della presunta breaking news. Eppure, sebbene possa apparire un tentativo donchisciottesco e destinato all’oblio, per quanto determinato da una profonda e sostanziata convinzione di fondo, quanto appena scritto dovrebbe far tendere, ed infatti ci spinge, alla elaborazione di un diverso proposito del modo di fare informazione, alla sperimentazione di un progetto alternativo a quanto descritto e che possa essere utile, godibile e vincente.
Mai come adesso ce ne sarebbe bisogno, per un’istanza collettiva di partecipazione democratica piuttosto che per uno sterile desiderio individuale o di pochi eletti tra gli addetti ai lavori. Mai come adesso, ritengo, e lo credo anche da un punto di vista strettamente commerciale che rischia di apparire meschino, un’idea inconsueta e contrapposta che spinga a realizzare un prodotto comunicativo differente ha le sue proprie ed intrinseche motivazioni, la sua possibilità di riuscita e trova la sua ragion d’essere urgente nel desiderio molteplice ed eterogeneo, da molti auspicato, e nella necessità stringente ed improrogabile, da tanti avvertita, di una informazione seria, posata, corretta, leale con i destinatari di ciò che comunica, partecipata, credibile e non assertiva.
Una informazione capace di osare, suscitare dubbio, stimolare dibattito, puntare alla crescita ed al consolidamento delle proprie comunità materiali ed immateriali di relazione ed attinenza, fare inchiesta, indagare fatti ed avvenimenti, raccontare storie e persone eccedendo la cifra scontata del gossip da copertina. Una informazione, ancora, che pretenda un tempo ed un modo peculiari per essere diffusa e condivisa, pensata, meditata, ragionata e, se necessario, rielaborata altrimenti. Una informazione che, parafrasando un celebre adagio nostrano di qualche decennio fa, vorrei fosse solo ed almeno per un’ora.
Per altro verso, indugiando sul primo termine della ineludibile equazione spazio-temporale alla base di questo ragionamento a lungo oggetto di gestazione intellettuale e finalmente portato alla luce attraverso la pubblicazione formale, e convinti che se il secondo della medesima, il quando appena descritto, protende verso una omologazione destrutturante su scala planetaria, appare altrettanto verosimile ed evidente che il dove ha la sua importanza e mantiene la sua specificità, consentendo a tale processo cognitivo una irrinunciabile caratterizzazione identitaria.
In tal senso, e prestando la dovuta attenzione alle dinamiche economiche di accumulazione e distribuzione del capitale, pure cognitivo, nord e sud, non esclusivamente geograficamente intesi, hanno dissimili possibilità di partenza, diverse prospettive di arrivo, infrastrutture non comparabili, caratteri modulari non immediatamente reciprocamente analizzabili, per quanto rigidamente correlati ed interdipendenti. Ciò significa, alle nostre latitudini, che la Questione Meridionale che fu di Salvemini e Croce, di Fortunato e Gianturco nel Belpaese che prima di diventare uno slogan pubblicitario era di santi, poeti e navigatori, resta rigidamente cogente, improrogabile, e si nutre nella carne viva delle disparità di accesso, acuite dal digital divide, alla informazione ed alla conoscenza intese come beni sociali primari e fondamentali, da garantire universalmente a tutte/i e per ciascuno, nelle deficienze intellettive e nelle sofferenze esistenziali di milioni di donne e di uomini. Ciò sottintende, allargando ed estendendo gli orizzonti di osservazione e percezione, che i nord e i sud del mondo, cui vogliamo dedicare pagine di approfondimento e focus tematici grazie al contributo di amanti della materia e studiosi della disciplina, esistono nella loro irrimediabile separazione, insistono nella loro osmotica correlazione e, i secondi, resistono nella spinta alla continua affermazione della propria alterità.
È nostra convinzione, in proposito, che possa essere originale ed efficace posare lo sguardo su questi ultimi, approfondirne gli scenari e le dinamiche di evoluzione-involuzione, come pure orientare la nostra lente di ingrandimento calibrandola su questo punto d’osservazione per interessarci e dire di fenomeni di più ampia portata e significato che interessino territori terzi rispetto ai nostri propri di appartenenza e provenienza.
Su questi due assi portanti si regge, e da qui nasce, il disegno che ci apprestiamo a colorare, una volta avendone finalmente calcato i contorni prima solo tratteggiati, de L’Ora del Sud. Un giornale online e cartaceo che abbia a cuore le comunità, a mente quelli con voce più fioca, costretti al silenzio o peggio a gridare frasi che risuonano tetre sul fruscio increspato delle onde scure e cupe del mare nostrum Mediterraneo, che scandite in idioma differente recitano esclamazioni quali “I lose my baby”, riferendosi ad innocenti di pochi mesi inghiottiti dagli abissi dell’incuria calcolata e dell’indifferenza strumentale e dolosa. Un foglio progressista, antifascista, antimilitarista, antirazzista ed anti-sessista, che abbia come bussola la lotta agli stereotipi ed alle discriminazioni di genere e d’ogni sorta e come sestante l’uguaglianza dei diritti e delle opportunità.
Un periodico strenuamente impegnato sul fronte della lotta alle criminalità organizzate ed organiche che impoveriscono, affamano, assetano, strangolano, umiliano, uccidono e violentano la nostra gente, i luoghi ed i momenti che abitiamo e che vogliamo provare a vivere e descrivere in libertà, autonomia, con profonda dignità di penna e rettitudine di comportamento. Un esperimento biografico, professionale, letterario ed imprenditoriale, da agire col piglio del cronista disincantato, che non dorme mai per citare il mio primo indimenticabile direttore, abituato a consumare le suole delle scarpe per essere sulla scena ed indolenzire le pupille per stare sul pezzo.
Un piccolo sogno ad occhi aperti, reso possibile dalla nostra tenacia, dalla passione per il giornalismo con tutte le lettere maiuscole, dalle capacità illimitate e così competenti, colme di stima incondizionata ed affetto reciproci, di Margherita Agata e Manuela Giuliano, le redattori capo, dall’expertise fraterno e dall’immancabile sostegno, sempiterno, di Alessandro Ventura, il webmaster, dalla creatività geniale e spontanea, raffinata, di Claudia D’Elia, la grafica, dalla impagabile consulenza professionale del business planner, Francesco Telesca, dalla fiducia incondizionata che due amici di lunga data, dove la parola è un eufemismo, hanno riposto in me regalandomi gli strumenti per cominciare, Roberta Franchino e Nicola Carlomagno, manager del settore bancario l’una ed imprenditore poliedrico e di successo l’altro, i mecenati benefattori e benemeriti.
Ci avvarremo delle collaborazioni di colleghe e colleghi onorabili ed apprezzati, nella speranza e nell’intenzione di poter ospitare e poterci confrontare con firme prestigiose sugli argomenti su cui volgeremo la nostra attenzione e, auspichiamo, quella del nostro pur solitario ed affezionatissimo lettore di manzoniana memoria, le sue fascinazioni, i suoi spunti, i suoi suggerimenti per crescere e migliorarci. Basilicata, Calabria e Campania, le regioni del Mezzogiorno d’Italia di cui ci occuperemo in primis, per sentimento e vissuto finanche lavorativo ed esperienza accumulata negli anni. Avremo una pagina web, garantendoci un’adeguata ed opportuna presenza sui social network, e, presto, vorremmo, anche un’edizione cartacea distribuita nelle edicole di ognuno dei nostri paesi, dei nostri borghi cristallizzati ed apparentemente immutabili, delle nostre città multiformi ed uniche, dal ventre caotico ed attraente, in continuo, spasmodico movimento. Presenteremo editoriali, articoli, interviste e reportage avvalendoci del linguaggio ipertestuale, di video ed immagini in grado di proporre i nostri contenuti ad una platea ampia, variegata, eterogenea, con l’obiettivo di suscitarne apprezzamento e condivisione. E, per adesso, alla soglia delle diecimila battute, ci fermiamo qui: con due punti e senza andare a capo, rendendo un grazie immenso a chi ci ha dato la mano per intraprendere questo viaggio e a chi vorrà stringerla per accompagnarci, salutandovi con l’appuntamento al prossimo pezzo e l’augurio di una buona, appagante e gratificante lettura.