LGBTQI+?
MARIO ZAZZAROLa strategia ha distrutto il sogno di costruzione della sinistra e di costituzionalizzazione dei diritti delle persone
“Uomini malati e pericolosi che attraverso una pretestuosa lotta di emancipazione desiderano distruggere la coppia e la famiglia che si fondano sulla differenza sessuale” è l’affermazione che, più volte, abbiamo ascoltato dal patriarcato in ogni sua declinazione. Quel modello sociale e culturale dominante, patriarcale appunto, organizzato, ordinato e disciplinato dal maschio bianco, eterosessuale, cisgender, di classe medio-alta, abile, adulto e produttivo. Quella tipologia di maschio che marchia la “femmina” come moglie, come figlia, come oggetto. Quella tipologia di maschio che, in senso verticale, educa il figlio maschio affinché sia uguale a lui, in modo da riprodurre ritmicamente ad ogni istante se stesso da millenni. In questo contesto, ancora nel 2021, seppur meno cruento, il maschio, dopo essersi sentito minacciato dalle “femmine”, scaglia la propria ira contro le persone LGBTQI+, perché avverte il pericolo di una nuova rivendicazione rivoluzionaria dell’assetto politico predominante che ha costituito attorno alla presunta “naturalità”. L’etero-normatività è lo strumento di dominio, l’unico strumento di lettura possibile, l’unica coniugazione consentita dei rapporti sociali, culturali, economici e politici che il pensiero prevalente e di potere possa accettare, perché da esso stesso costruito. La “pretestuosa” lotta di riconoscimento e di emancipazione è in realtà un fattore di destabilizzazione dell’ordine eterosessuale binario. La costituzionalizzazione delle persone LGBTQI+, allora, ha due strade opzionali: o viene del tutto rifiutata, cavalcando l’onda moralista del pensiero liberale, o deve essere rappresentata all’interno di un processo di normalizzazione attraverso la razionalità del pensiero liberale, sempre; altri spazi non esistono, altre strade non sono state più percorse. Opzioni costruite sulla posizione ideologica del sesso binario e biologico, che rifugge una qualsiasi costruzione culturale, sociale e politica alternativa. Eppure, la costruzione dei movimenti LGBTQI+ ha donato consapevolezza e visibilità alle persone, ma, allo stesso tempo, ha trovato strada e terreni praticabili solo quando mediati da formule e modelli fintamente inclusivi. “Un cambiamento culturale graduale” che, però, non è “decostruzione della società”, iniziando dalla famiglia e dall’educazione dei figli. Sono state proposte alcune pratiche, necessarie, ma non sufficienti. È il caso dell’uso del linguaggio inclusivo, sia in forma orale che scritta. La forma orale potrebbe risultare più difficile. Quanto potremmo essere maggiormente inclusivi nella forma scritta utilizzando la “scevà” (Ә) nei comunicati, nei volantini, nei manifesti, sui quotidiani e nelle comunicazioni generali? Un linguaggio aperto alle diversità che ciascunӘ di noi rappresenta, al di là dell’orientamento, del genere, dell’identità, della propria fluidità. Il passaggio dal neutro-maschile al linguaggio sessuato, ricordando però che “parlare non è mai neutro”, ha significato riconoscimento delle donne. L’attuale Ә – che è espansione del linguaggio oltre la rappresentazione dicotomica dei generi – deve trovare corrispondenza nella pratica e, attraverso la cultura, deve fare implodere la norma liberando le diverse soggettività. Come è stato possibile sottovalutare il disagio delle persone LGBTQI+ nel mondo del lavoro e, allo stesso tempo, predicare che “un altro mondo è possibile” senza aver formulato risposte all’etero-normatività attraverso pratiche di liberazione, di riconoscimento in un nuovo percorso sulla cittadinanza, in senso marxista e materialista a partire dal posto di lavoro? Quanta oppressione, sfruttamento, disagio e ricatto soffrono ed hanno sofferto le persone LGBTQI+ in un contesto etero-normato? Orlando Merenda, giovanӘ 18enne di Torino, pochi giorni fa si è tolto la vita. Era unӘ studentӘ di un istituto alberghiero, di qui a poco si sarebbe affacciato al mondo del lavoro, barman o cameriere, non un grande professionista o un imprenditore. Nel lavoro avrebbe trovato le stesse dinamiche della scuola, medesime discriminazioni, eppure ciecamente, e ragionando come se i diritti civili e la LGBTQI+ fobia fossero una questione disgiunta dal contesto sociale, politico, lavorativo ed istituzionale, si è agito per anni credendo e discutendo solo delle forme burocratiche che potessero legare un amore. Il linguaggio, così come le pratiche di “diversity management” e la normativa antidiscriminatoria che provano a contrastare il “minority stress” nell’ambito dello stress da lavoro correlato per mezzo dell’art. 28 del Dlgs. 81/08 TU Sicurezza e art. 2087 del CC, quindi una misura di sicurezza sul lavoro, non sono, come è accaduto invece per le unioni civili, un appiattimento rivendicativo limitato ad una richiesta di norme che permettono l’inclusione nel sistema dominante patriarcale e capitalistico. Così come il patriarcato non dà la possibilità del libero sviluppo della persona nelle forme organizzative del lavoro, così l’altra faccia della medaglia, il liberismo, lo accentua attraverso il precariato. Quale persona LGBTQI+ innanzi al ricatto occupazionale potrà essere libero di fare “coming out” o contrastare/denunciare una condotta discriminatoria con la paura di perdere un reddito? L’omologazione attraverso un processo di normalizzazione è accettazione del concetto retrogrado di “maschio”: conservare la propria diversità e autenticità significa contestare radicalmente capitale e patriarcato. Si è fatta esplodere la rabbia dell’uguaglianza e della parità rivendicando, ad esempio, di estendere il concetto di famiglia alle relazioni omosessuali nell’ambito di un processo di normalizzazione. Avremmo dovuto far esplodere la rabbia della diseguaglianza, rivendicando l’autenticità della diversità, sovvertendo e riformulando il concetto di famiglia, perseguendo e perseverando in quel lontano tentativo di discutere delle famiglie sociali o tracciarne uno del tutto nuovo. Sembra assurdo che, nel 2021, bisogna citare e rimpiangere Judith Butler, quanto l’amato Mario Mieli del 1977, che postulava in merito alle “soggettività non conformi” ed aӘ migrantӘ. Allontanarsi senza continuare e rifondare, rimodulare quei pensieri ha significato cedere alla strada del processo di integrazione piuttosto che perorare il “concetto di cittadinanza deterritorializzata”. I territori, come pure la pelle, l’Io, il genere, l’orientamento e, quindi, la cittadinanza non possono essere delimitati da confini, creando così anormalità, ma devono essere pensati come un “processo in continua evoluzione” per far sì che l’ineguale viva di diritti nell’autenticità delle proprie differenze. Non partire a declinare un “mondo nuovo possibile” da questi punti ha significato non prendere in considerazione la dimensione politica, ha significato non riconoscere l’esistenza di conflitti reali e complessi, lasciando tutto nelle mani del partito unico del neoliberismo, che ha egemonizzato secondo i suoi schemi razionali. Sebbene i conflitti, così come la costruzione di identità collettive, non possono avere né una dimensione né una soluzione razionale, rispondere con la razionalità della strategia, giocando sullo stesso terreno del neoliberismo, ha annullato, per dirla con le parole di Chantal Mouffe, “la dimensione affettiva”, le passioni, il sogno. Come quando si diceva e si dice: “CompagnӘ in Sud America si vince” o “CompagnӘ in Russia il socialismo vince”! Era la dimensione del sogno e della speranza che muoveva le masse con il partito comunista. D’altro canto, poi, il sogno è stato distrutto nel momento in cui il mondo intero è venuto a conoscenza anche di gravi atti contro la vita. Abbiamo lasciato il sogno, ma ancora non abbiamo il coraggio di raccontare tutta la verità. Quali denunce sono state portate avanti contro gli orrori di Fidel Castro, che solo negli ultimi anni di vita ha posto le sue scuse alla comunità LGBTQI+? Erano altri tempi, in moltӘ rispondono. Ed oggi? Pedro Castillo vince le elezioni alla Presidenza del Perù. Da una parte lo slogan “Basta poveri in un Paese di ricchi” irrompe sulle diseguaglianze economiche con grande merito e gradimento fra la popolazione, dall’altra parte, come la più becera destra, assume posizioni misogine e omo-bi-lesbo-trans-fobiche, schierandosi contro il diritto a sposarsi delle coppie dello stesso sesso e rilanciando pure il complottismo dell’ideologia gender, contro l’aborto e contro l’eutanasia. Non una parola in merito, se non da sparutӘ compagnӘ mai ascoltatӘ. Come mai, oltre agli strazianti e giusti messaggi sui vergognosi bombardamenti degli Israeliani contro il popolo palestinese, non si sono mai potuti apprezzare appelli, possibilità di mediazione e interlocuzione con le comunità esistenti sul territorio geografico italiano, come si dovrebbe fare per qualsiasi “ingiustizia nel mondo”, per fermare in Palestina le tante uccisioni a sfondo omo-bi-lesbo-trans-fobico? Parlare di lavoro, di lotta alle diseguaglianze, di emancipazione, di una rimodulazione della vera sinistra, oggi, è possibile, declinando la linea politica, per costruire un nuovo immaginario, nel senso dell’eco-trans-femminismo migrante, dell’emancipazione e dell’unità dei popoli sfruttati di tutti i sud e di tutte le periferie del mondo. Non è un caso che il movimento LGBTQI+ è sempre più contaminato da temi intersezionali, al pari di quella intersezione vissuta sui propri corpi e che diventa massa critica come in Colombia. Lì dove, infatti, dal 28 aprile si è scioperato in opposizione alla riforma fiscale del governo di Ivàn Duque, che avrebbe fatto pesare il prezzo del debito pubblico sulle classi medie aumentando l’IVA sui servizi pubblici, congelando gli stipendi degli statali e applicando sgravi fiscali per le grandi imprese. Nella pandemia la soglia di povertà ha raggiunto il 42%. Le mobilitazioni, che sono sempre più aumentate, soprattutto a causa di una feroce repressione (3.789 casi di violenza della polizia, 41 mortӘ, 32 casi di violenza sessuale accertati, 346 persone scomparse), hanno messo alle strette il governo, che ha ritirato la riforma il 2 maggio scorso. Improvvisamente, ai piedi dei poliziotti armati e in assetto antisommossa che stavano per sferrare l’ennesima repressione tipica della violenza patriarcale e machista, si è materializzato e contrapposto un fronte di resistenza trans-femminista, che ha disorientato e bloccato i poliziotti nell’attuare violenza, ballando il vogueing e la guaracha con tanto di tacchi e parrucche colorate. La scelta, non solo artistica ma soprattutto politica, una resistenza senza bombe, non-violenta, di corpi nudi, vulnerabili, indifesi che si contrappone con le passioni e non con la mascolina razionalità: una contrapposizione intersezionale, dove gli ultimi non fanno a gara per rivendicare di essere più ultimo di qualcun altro.