L’isola che non c’è
FABIO FALABELLACovid free: la classe politica italiana e la sindrome di Peter Pan
Sembra questa, dal sottotitolo, l’ultima bizzarria di cui sta soffrendo in questi giorni di pandemia da Covid 19, a cavallo della terza ondata europea di una epidemia che ha fiaccato il Paese, come altri, e che sembra interminabile pur a fronte della campagna di immunizzazione avviata su larga scala, la politica o per meglio dire la classe politica italiana. La quale, del resto, e ben oltre l’originale caratteristica della capacità di improvvisazione universalmente e da secoli attribuita al nostro popolo, alle latitudini tutte con spiccata accezione per le genti del Mezzogiorno, soffre evidentemente e da qualche decennio di una latente, malcelata, strutturale ed evidente crisi di minorità Kantiana, per dirla col filosofo tedesco che fece dello specifico concetto una teoria. Come se, una volta terminata la stagione delle grandi ideologie, morti tutti i grandi padri ed estintisi i partiti della Prima Repubblica, i dirigenti di casa nostra, percorrendo inesorabilmente una parabola ellittica ed eclissante al pari di quanto successo altrove, fossero divenuti incapaci, ed in realtà, almeno in parte dimostrano di esserlo, di vivere consapevolmente, con una visione, con progettualità e finalità di scopo non esauribili nell’immediato di un tornaconto elettorale, la missione amministrativa e/o governativa che ricevono come mandato dagli elettori a margine delle consultazioni e dell’esito scaturito dalle urne. Una banalizzazione di prospettiva ridotta al reiterarsi quotidiano delle dichiarazioni a mezzo stampa preconfezionate e buone per i passaggi da 30 secondi sui Tg nazionali e locali, che ha trovato sublimazione estrema nell’esaltazione del qualunquismo da “uno vale uno” agognato dai Cinquestelle del “vaffa” della prima ora, i quali non disdegnavano peraltro in qualità di comico rivisitato e nobilitato un padre-padrone, depositario e custode insieme con i gestori della piattaforma Rousseau, dei segreti circa i destini ultimi del movimento stesso. Questa riduzione incessante, cui abbiamo accennato nel primo editoriale di questo giornale, che fa della trovata estemporanea buona per un lancio immediato di agenzia, suscettibile talora di essere smentita il giorno o appena un attimo dopo, è ciò che nella settimana appena conclusa e in quelle precedenti ha indotto senza timore di ridicolo o di rasentare l’insensato alcuni politici di casa nostra, trasversalmente, dal governatore della Campania Vincenzo De Luca del Partito Democratico al ministro del turismo governo Draghi in quota Lega, Massimo Garavaglia, a parlare inopinatamente ed impunemente di cosiddette “isole Covid free” ed a supportare, sposandola, una proposta che ha trovato gestazione tra i confini moderni della Grecia, in quell’Ellade dove alcuni millenni fa nacque la cultura occidentale che ci pervade tutte/i e cui apparteniamo. Si tratta di una trovata abbastanza singolare ed originale, per certi aspetti comprensibile tra Atene, Mykonos e Corinto in virtù di un rilancio dell’economia ellenica stremata dalla crisi finanziaria prima, soggiogata dalle istituzioni finanziarie europee e mondiali attraverso i piani di ristrutturazione del debito e le pesanti privatizzazioni imposte a suon di prestiti miliardari, e da quella clinica e sanitaria poi, ma che dalle nostre parti, ed alla luce di una situazione ancora critica in ospedali e terapie intensive e difficilmente decifrabile nel territorio nazionale, scuole incluse, suona più come il virtuosismo circense di un guitto in cerca di applausi e consenso facile all’interno di un’arena sabbiosa, al cospetto di un pubblico eccitato, divertito e per di più, ovviamente per i contribuenti sovente evocati, pagante. Che si tradurrebbe nella individuazione a norma di legge e nella realizzazione di aree ad ingresso controllato e transito libero, una sorta di zone di libero scambio e commercio di persone, beni e servizi, per alcune tra le più rinomate e frequentate località vacanziere del Belpaese, a cominciare dalle tre isole che affrescano il golfo di Napoli e quello di Sorrento, Ischia, capri e Procida, location paradisiaca immortalata e cristallizzata per sempre nelle scene de “Il postino” di Massimo Troisi. Ciò che suona ad un tempo ironico e stridente, innanzitutto, è che essendo la nostra penisola costituita esattamente da 8300 chilometri di costa, isole escluse, che andrebbe tutta ed ugualmente salvaguardata e valorizzata, una gran parte delle Province italiane e quasi tutte le Regioni, Valle d’Aosta ed Umbria escluse utilizzando rigidamente il criterio selettivo, potrebbero accampare il diritto ed il desiderio a diventarlo, ad essere un’isola “Covid free”. Senza contare che la Sicilia e la Sardegna, Ponza, le Eolie, Ustica e Lampedusa, avrebbero in tal senso, ovviamente e non nascondendo un pizzico di piccato sarcasmo, la priorità ( e ne avrebbero ben d’onde, a cascata, anche le lagune, Venezia su tutte, le terre di Malamocco e del Lido, e persino l’Isola Tiberina lungo il corso d’acqua che bagna la capitale) ed andrebbero dunque posizionate in testa alla graduatoria, dimenticando quanto avvenuto proprio a Cagliari e dintorni con la zona bianca, unica in Italia, divenuta magicamente, tragicamente e malauguratamente rossa per rimanerlo anche oggi, in compagnia proprio della valle D’Aosta e della tormentata Puglia del governatore Emiliano, di certo non parsimonioso di selfie con tanto di mascherine e paramenti di dispositivi di protezione sanitaria e post sui social per cantare le lodi, esaltandola, della “sua” sanità locale, a testimonianza del fallimento della strategia della colorazione per contenere il virus a forma di corona che ha flagellato e sta piegando il mondo intero. Affermazione che ci pare tanto più veritiera nella constatazione di qualsivoglia altra alternativa che non sia stata di chiusure totali, con la applicazione Immuni sponsorizzata dalla protezione Civile e dal Ministero della Salute drasticamente fallita e l’assenza di qualsiasi attività di tracciamento degna di tale nome, con buona pace della volontà del generale Figliuolo di fresca nomina per gestire gli approvvigionamenti dei vaccini. E, ultimo ma non meno importante, mettendo da parte l’obiezione da più parti sollevata per conto di eminenti scienziati ed addetti ai lavori della impossibilità logistica tout court, tanto più per le isole di piccole dimensioni, di gestire efficacemente una campagna di vaccinazione per abitanti ed eventuali turisti o visitatori capace di cogliere nel segno l’obiettivo e di preservarne i confini naturali da una successiva valanga, o mareggiata che dir si voglia e che, forse, sarebbe più appropriato in questo caso e su questo argomento, di ritorno a grandi onde dell’infezione. Certo, rimanendo ancorati nella dimensione di mancanza di responsabilità e di senso del pudore e del realistico, immaginifica ed immaginaria, caratterizzata da una malandata sindrome di Peter Pan di voglia di restare bambini, e illudersi del reale nel senso più deteriore dell’espressione, basterebbe assicurarsi di tenere sotto controllo Capitan Uncino e la sua ciurma di marinai e avventurieri, curando di badare bene a che non siano migranti alla deriva da sequestrare e costringere alla fonda come quelli ospitati sulla “Open Arms” del caso Salvini (rinviato proprio ieri a giudizio per presunti illeciti di cui si rese responsabile, secondo la Procura di Palermo, in qualità di Ministro degli Interni e di capo del Viminale, ndr). Obbligando al tampone ripetuto e magari alla quarantena il vecchio pirata e utilizzando per la somministrazione vaccinale la prodigiosa e miracolosa polvere di stelle del racconto di J. M. Barrie, pubblicato nel 1904, innumerevoli volte rivisitato come cartoon, favola Disney e ripreso in decine e decine di pellicole cinematografiche, da somministrare per via aerea con tanto di fatine, in un’unica dose, al posto dei sieri di Moderna e Pfizer-Biontech, quanto e di più di quelli a vettore virale come i vituperati AstraZeneca e Johnson & Johnson, che non per nulla, in tanti ricorderanno in una famosa e suadente pubblicità con chiome bionde lisce e mosse da vento ed affettuose carezze materne, produceva e vendeva un popolarissimo shampoo per fanciulli soddisfatti e sorridenti dopo il bagnetto. Niente di più facile poi, per coloro che avrebbero voglia di raggiungere queste amene ed attraenti località di riposo e relax, contrariamente a quanto permesso da infrastrutture e collegamenti troppo spesso deficitari qui da noi, sarebbe trovare la strada per giungere alla meta: come nella canzone di Bennato, basterebbe seguire e passare la seconda stella a destra e così giù fino al mattino. Si arriverebbe con colpo d’ali ed in un solo istante, a ritmo di musica, all’isola che non c’è.