Quel ticchettio che segna l’ora della Calabria
GAETANO BRUNOLa Cenerentola del Mediterraneo al tempo di De Magistris
L’ultima volta che si è parlato dell’ora della Calabria l’orologio segnava inesorabilmente il momento della chiusura del giornale che per anni aveva arricchito il panorama informativo e culturale della regione.
L’episodio famoso delle rotative bloccate nella sede dello stampatore De Rose che finirono per evitare l’uscita in prima pagina di una notizia scomoda per il figlio dell’allora senatore Antonio Gentile, le inevitabili rimostranze del direttore Luciano Regolo e, un mese dopo, la chiusura del giornale sono ormai eventi consegnati alla storia.
Eppure quel giornale era nato nel 2006 con una vena rivoluzionaria. Dopo poche settimane dall’uscita in edicola aveva pubblicato una relazione che portò l’Azienda Sanitaria di Locri allo scioglimento per infiltrazioni mafiose. Relazione stilata da una commissione che si era insediata dopo l’omicidio di Francesco Fortugno, Vice Presidente del Consiglio regionale della Calabria. Nessuno avrebbe scommesso sulla fine di una tale esperienza editoriale corredata da tutto il carico di dubbi di connivenze tra potere, informazione e mondo della sanità privata che si è portata dietro.
A parere di chi scrive, l’Ora del Sud si collega, almeno idealmente, al sentimento che inizialmente animò quell’avventura editoriale. Avventura che nel mio piccolo, da cronista di periferia, avevo modestamente contribuito ad alimentare agli albori della mia carriera professionale fatta di suole consumate, retribuzioni ridicole e tanta dignità.
Si, perché raccontare stanca, soprattutto se quei racconti non si piegano a nessuna volontà e a nessun tentativo di farsi indorare la pillola, soprattutto se di fronte al patto etico tra chi decide di raccontare e l’opinione pubblica, l’arroganza di chi crede che tutto e tutti possono avere un prezzo va a sbatterci il muso.
Abbracciare a piene mani questo nuovo progetto affonda le sue motivazioni nella passione che è tipicamente riconosciuta alle donne e agli uomini del sud e alla loro, nostra, capacità di instaurare legami personali forti sulla base di princìpi morali che ancora sopravvivono nonostante tutto.
Ho atteso il momento che ritenevo più opportuno per consegnare il mio primo pezzo nella mani virtuali del direttore Fabio Falabella e ho colto l’occasione in seguito alla visita sul territorio dell’alto Tirreno cosentino di Luigi De Magistris, sindaco di Napoli e molto più che probabile candidato alla presidenza della regione Calabria, che ritornerà alle urne il prossimo 11 aprile a seguito della prematura quanto dolorosa scomparsa della presidente Jole Santelli.
La visita di De Magistris avrebbe avuto in sé tutti i crismi della notiziabilità ma il taglio scelto per questo giornale, che mi appassiona e che condivido totalmente, mi chiama ad andare oltre la cronaca di questo incontro, tra l’altro già ampiamente raccontato, tra il sindaco di Napoli e i colleghi della fascia nord della Calabria.
Ritengo giusto e doveroso raccontare il senso – o almeno uno dei sensi – percepito di questa “discesa” che è più un ritorno quanto non un tentativo di imporsi a guida di una regione. Troppo banale ridurre la questione ad una manifestazione di superiorità del sindaco di Napoli come a dire che questa regione non è in grado di esprimere altri candidati.
De Magistris è arrivato con tutto il suo carico di empatia alla platea in un momento storico dove si avverte forte il desiderio di una proposta politica più orizzontale possibile.
Una condivisione schietta, slegata, anche nel linguaggio, dall’elitarismo che ha portato prima ad un distacco da complesso di inferiorità da parte degli elettori nei confronti dei rappresentanti e poi alla delusione e alla sfiducia.
Insomma sembra farsi strada una preminenza della sostanza alla forma che resta essa stessa sostanza fintantoché non rimane strumento per porre distanze incolmabili tra i rappresentanti e i rappresentati.
Analizzando poi il momento storico in cui il ritorno in Calabria di De Magistris si concretizza, dopo gli anni della sua carriera da magistrato, non si può non collegare il fenomeno alla recente esperienza di Carlo Tansi come candidato alla presidenza della Regione e al più dirompente impatto di consenso ottenuto dal Movimento 5 Stelle dalla sua genesi fino all’affermazione a livello nazionale come primo partito-non-partito.
Volendo azzardare una sorta di coerenza evolutiva delle dinamiche psicosociali di massa che determinano le logiche del consenso, si è passati dalla protesta di pancia dei “grillini” ad una presa di coscienza con il movimento Tesoro Calabria di Tansi della necessaria rottura con un’alternanza destra-sinistra che in Calabria ha portato soltanto false partenze, alla autocandidatura di De Magistris che più che imporsi ha la velleità di voler riunire tutte queste energie per concretizzare quel movimento orizzontale fatto di persone e non di apparati.
Ora, al netto del legittimo confronto tra Tansi e De Magistris sulla definizione del candidato governatore di una coalizione sempre più possibile, ci sono altre due valutazioni da porre che riguardano il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico.
I 5 Stelle hanno avuto difficoltà anche un anno addietro a costruire una lista frantumandosi di fronte alla scelta del professor Ferdinando Aiello come candidato governatore e in questo momento, considerando anche le tensioni e i grattacapi a livello nazionale, non appare possibile una autonoma discesa in campo.
Idem dicasi per il Pd calabrese commissariato da tempo e di fronte ad una difficoltà mostruosa nel mettere in campo una proposta autonoma che, facendo riferimento ad una nomenclatura ormai datata, non porti al dissolvimento totale dello stesso.
Una serie di condizioni che rendono a questo punto molto probabile la formazione di due schieramenti contrapposti: una coalizione di centrodestra dove è ancora da definire il nome del candidato presidente che tenti e tenda a raccogliere l’eredità pesante della compianta Santelli e una larga coalizione civica che possa ricalcare in qualche misura anche la parentela romana tra Pd e 5 Stelle con l’aggiunta della spinta di una buona parte della società civile impegnata al fianco di Tansi e di De Magistris.
Se, dunque, personalmente oggi parte il ticchettio dell’orologio de l’Ora del Sud, in vista delle prossime regionali torna d’attualità l’ora della Calabria che, ormai stanca di sentirsi la Cenerentola del Mediterraneo e a prescindere daoli prossimi esiti elettorali, ha una dannata necessità di lanciarsi verso un momento di definitivo rilancio politico prima che amministrativo e di conseguenza economico.