Se tira più un punto di Pil..!
FABIO FALABELLALe dichiarazioni di Letizia Moratti sul vaccino anti-covid: performances economiche versus diritto alla cura
Se non fossero manifeste le intenzioni costitutive del nostro giornale, se non si conoscessero le storie personali e professionali di chi sta dando vita e corpo al progetto editoriale, fondato sul rispetto assoluto della parità di genere e sulla tutela delle diversità e degli orientamenti di ciascuno, con particolare attenzione alle donne, il titolo di questo articolo potrebbe facilmente essere frainteso ed interpretato come un improvvido scivolone dagli accenti sessisti e poco educati, inopportuni, alla stregua di altri che spesso appaiono, ahimè, su testate ben più popolari e seguite de l’Ora del Sud. Consapevole del rischio corso e lungi dall’intenzione di turbare in alcun modo la sensibilità dei nostri lettori, ed in special modo delle nostre lettrici, devo ammettere che, ripensando all’argomento che ha suscitato questo editoriale, e che trovo tra i più significativi della settimana che ci siamo messi alle spalle proprio in virtù delle intenzioni redazionali del nostro periodico, non ho resistito alla tentazione dell’immagine evocativa richiamata, che sa di pessima battuta adolescenziale e maschilista da scuola media, per esprimere nella maniera più ferma e decisa lo sdegno che ho provato ascoltando le dichiarazioni di Letizia Moratti, neo vice presidente ed assessore alla sanità della Regione Lombardia, in merito alle logiche di distribuzione del vaccino anti-covid prodotto dalla Biontech- Pfizer. E, a dire il vero, sono esattamente le sue affermazioni sull’argomento, che ho trovato, quelle sì, tremendamente volgari, per certi aspetti incostituzionali nel fine sottinteso e connotate da un latente, malamente represso e celato rigurgito classista indigesto ed indigeribile. Personaggio noto della politica nostrana, la signora dei salotti buoni meneghini si è appena insediata nella giunta presieduta dal governatore Attilio Fontana al posto del suo predecessore, il maldestro e poco rassicurante Giulio Gallera che la aveva preceduta in carica, nel ruolo e nella funzione, finito al centro di polemiche trasversali per la gestione approssimativa e deficitaria, se non penalmente rilevante, della prima fase dell’emergenza dovuta alla pandemia da coronavirus. Già sindaco di Milano e, a suo tempo, Ministro dell’Istruzione capace di scatenare il malcontento di tutti gli studenti italiani per la riforma improvvida della scuola e dell’università che porta il suo nome, oggetto, del resto, della mia tesi di laurea, la Brichetto Arnaboldi Moratti si è insediata al Pirellone solo da pochi giorni, rubando peraltro la scena al presidente nella conferenza stampa che annunciava il rimpasto ed attirando su di sé tutta l’attenzione dei fotografi e dei giornalisti presenti, concedendosi senza posa e senza risparmio, nel suo abito buono e griffato, alle luci delle telecamere ed ai flash delle macchine fotografiche nel photo-call di rito, che è sembrato l’epilogo paparazzato di un evento mondano, piuttosto che la degna conclusione di una manifestazione ufficiale che avrebbe richiesto, forse, più serietà e moderazione nel piglio e nei comportamenti dei protagonisti e dei partecipanti, come sovente accade, purtroppo, nel mondo dello showbiz. E non ha fatto in tempo ad accomodarsi in poltrona per prendere in carico il suo ufficio, che ha pubblicamente affermato, salvo poi tentare un attimo dopo, invano, di smentire le sue parole, significative della sua maniera aristocratica di intendere le relazioni sociali e declinare i postulati legislativi a fondamento della nostra Carta e della Repubblica, che le dosi introvabili e costosissime, già fonte di mistero e speculazione, del prezioso siero anti-virale dovessero essere distribuite su scala regionale in base al Pil (Prodotto interno lordo); vale a dire, dare più vaccini alle regioni più ricche e produttive, come la Lombardia, appunto, lasciando indietro quelle che arrancano e fanno più fatica a raggiungere standard dignitosi sia economici, che sanitari, che nei Lea (i Livelli essenziali di assistenza delle prestazioni sanitarie previsti dalla normativa). Performances produttive contro diritto alla salute e alla cura universalmente garantito, almeno formalmente nel nostro Paese, anche a chi non sia cittadino italiano, con buona pace degli appelli di Papa Francesco, il Pontefice, che ha più volte intimato o supplicato, a seconda dei punti di vista, ai potenti della terra di non lasciare indietro gli ultimi in questa battaglia di civiltà, affinché la tragedia vissuta da tanti anche alle nostre latitudini potesse trasformarsi in opportunità collettiva di riscatto. E a dispetto di quanto più volte proferito dal Ministro della salute Roberto Speranza, dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e finanche dal Commissario straordinario Arcuri. Sviscerata questa riflessione, qualsiasi dubbio, tentennamento o timore sull’opportunità di titolarla in tal modo, accennata nelle prime righe di questo pezzo, sarebbe a mio avviso giustificatamente fugato. E, eccetto per una auspicabile mobilitazione intellettuale della pubblica opinione che pare non ci sia stata, se non in casi sporadici, l’assessore Moratti nemmeno meriterebbe una risposta, tanto insulse, vacue ed offensive sono state le sue argomentazioni. Una soltanto, tra quelle pubblicate in rete su Twitter e di cui ha dato conto meritoriamente, al solito, la trasmissione “Propaganda Live” condotta su La7 da Diego Bianchi, appare altresì esplicativa e degna di essere citata: rispondendo alla signora sul suo account ufficiale, un internauta le ha scritto sostenendo che, se si seguissero le sue indicazioni, la famiglia Moratti, sulla scorta dei redditi percepiti e prodotti annualmente, avrebbe diritto ad essere tutta vaccinata prima del Molise intero. E, aggiungo, considerata la nostra localizzazione geografica, intellettuale ed emotiva, anche della Basilicata.